*21.02.2023 – COMUNICATO STAMPA ANP PUGLIA*
*Dimensionamento delle scuole: facciamo chiarezza?*
Era inevitabile che il ricorso presentato dalla Regione Puglia alla Corte Costituzionale contro la norma recentemente varata dal Parlamento che rivede – dopo 12 anni – modalità e parametri del dimensionamento delle scuole rinfocolasse le *preoccupazioni* e riproponesse le *grida di allarme* che da sempre agitano l’opinione pubblica, non sempre sufficientemente informata su tale questione.
ANP, com’è suo costante atteggiamento, non interviene in questo *scontro di natura tutta politica* in atto tra le regioni di centrosinistra (insieme alla Puglia hanno firmato il ricorso anche Campania, Toscana ed Emilia Romagna) ed il Governo.
Ma, nel contempo, ritiene che una *pacata riflessione* sugli effettivi contenuti del provvedimento ricusato possa contribuire a fugare dubbi e preoccupazioni, al di là delle appartenenze politiche.
Si sente dire che la norma provocherebbe la chiusura delle scuole con meno di 900 alunni ed il loro accorpamento ad altre scuole riducendo i servizio scolastico ai cittadini e che, inoltre, si incentiverebbe vieppiù il fenomeno delle cosiddette _“classi pollaio”._
Diciamo subito che *l’affollamento delle classi non c’entra per nulla con la questione del dimensionamento delle scuole*. Il numero di alunni per classe è rigidamente fissato da altre e diverse norme e parametri, anch’essi risalenti a molti anni fa e rimasti invariati nonostante il decremento del numero assoluto di alunni dovuto al calo demografico. Un’altra questione, dunque, sulla quale da tempo nessun governo (neanche l’attuale) è finora intervenuto con proposte per alleviare le criticità che conseguono ad un troppo alto numero di alunni per classe: ricordiamo, per esempio, la recente pandemia e ciò che quasi o nulla si è fatto per consentire alle scuole di far effettivamente osservare in aula il distanziamento fra gli alunni, oppure i problemi di sicurezza in aule incapienti rispetto al numero dei presenti, oltre ai sempre lamentati problemi sul versante della didattica. Si tratta comunque, lo ripetiamo, di altra e diversa questione rispetto a quella oggetto del ricorso.
Quanto alla paventata chiusura delle scuole ed alla riduzione del servizio scolastico sul territorio, basta leggere con attenzione la norma contestata dalle quattro regioni: essa, infatti, interviene soltanto a definire, da parte dello Stato e con il concorso delle regioni stesse riunite in Conferenza, l’organico dei dirigenti scolastici e *non riguarda minimamente l’erogazione del servizio di istruzione* garantito agli alunni e allo loro famiglie, poiché non interviene affatto sul numero delle classi né su quello dei docenti o del personale amministrativo e ausiliario. *Le scuole rimangono dove sono e funzionano come sempre*.
Il meccanismo della nuova norma riguarda, invece, altre cose: *900* (o il diverso numero che sarà fissato dalla Conferenza Stato-Regioni) costituisce il *numero medio di alunni per scuola*, non quello minimo necessario per la sopravvivenza di questa o quella scuola, come invece erroneamente riportato in molte dichiarazioni e articoli succedutisi in particolare negli ultimi giorni.
Ad esempio, in Puglia abbiamo oggi 540.000 alunni frequentanti. Dividendo questo numero per 900 otteniamo 600, ossia il numero massimo di dirigenti scolastici che lo Stato attribuirebbe alla regione Puglia nel suo complesso se la nuova norma fosse in vigore da subito. Ogni dirigente verrebbe preposto ad una scuola che, come oggi, si intende come unità amministrativa all’interno della quale vi possono essere più punti di erogazione del servizio sul territorio (i plessi). Ad oggi in Puglia abbiamo 631 scuole e solo 575 dirigenti. Ciò perché 56 scuole (631 meno 575) sono affidate in reggenza ad un altro dirigente. L’alto numero di reggenze si origina principalmente dal fatto che moltissime di queste 56 scuole, stanti le norme attuali che prevedono – queste si – un numero minimo di 500 alunni per poter assegnare loro un dirigente titolare, non lo possono avere perché sottodimensionate rispetto a tale valore minimo.
Con la nuova norma, che entrerà in vigore dal 1 settembre 2024, *sparisce il valore minimo di alunni per scuola, sostituito dal numero medio di alunni per scuola* e quindi non vi e più differenza fra le scuole sottodimensionate e le altre. Tutte le 600 dirigenze saranno a capo di una scuola che avrà pari dignità con le altre: tutte avranno un dirigente (ed il corrispondente DSGA, ossia il segretario amministrativo). Alla Regione, alle Province ed ai Comuni rimarrà l’importante compito di distribuire l’offerta formativa sul territorio, eventualmente ritoccando l’accorpamento amministrativo (non quello fisico!) dei vari plessi scolastici fra di loro, con criteri rispettosi delle esigenze di ogni territorio, anche limitato come estensione o poco popolato o con particolari problemi socio-economici. Ciò significa che se gli enti locali decideranno che per le suddette ragioni vada mantenuto in un determinato comune o territorio il servizio scolastico in una scuola con soli 350 alunni, in qualche altra parte della regione dovranno esserci scuole con numero di alunni superiore, per rispettare la media di 900: ma nella scuola con 350 alunni ci sarà comunque un dirigente a pieno titolo che si occuperà esclusivamente di essa e non, come ora, in reggenza. Si noti che *se applicassimo subito la nuova norma, avremmo da ora in Puglia 25 dirigenti in più* (600 scuole da dirigere meno i 575 dirigenti attuali: il risultato è 25). Anche considerando il trend demografico di diminuzione degli alunni anno per anno, occorre tener conto del numero di dirigenti (in Puglia mediamente una trentina) che ogni anno sono collocati in pensione per raggiunti limiti di età. Quindi avremo da subito e anche in prospettiva un organico regionale stabile dei dirigenti, per di più con garanzia anche di assorbire per turn over quelli che verranno assunti con i prossimi concorsi, cosa che dall’anno scorso – si ricorderà – qui in Puglia non è più stata possibile.
Sotto ogni punto di vista il nuovo sistema è quindi condivisibile. A patto che il numero medio non venga fissato ad un valore troppo superiore a 900, il che produrrebbe unità amministrative troppo grandi e diffuse sul territorio, con difficoltà gestionali per il dirigente.
*Ma saranno proprio le regioni, attraverso il previsto confronto e accordo con lo Stato, a fissarlo*: dunque, di che parliamo?